Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 05/12/2022) 10-01-2023, n. 354 REPUBBLICA ITALIANA
Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 05/12/2022) 10-01-2023, n. 354
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria - Presidente -
Dott. MELONI Marina - Consigliere -
Dott. PARISE Clotilde - Consigliere -
Dott. CASADONTE Annamaria - rel. Consigliere -
Dott. FALABELLA Massimo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8484/2020 proposto da:
A.A., rappresentato e difeso dall'Avvocato Mauro Manfren, con domicilio eletto presso il suo studio sito in Venezia, Sestriere di Cannaregio, Fondaco dei Persiani, n. 5783;
- ricorrente -
contro
B.B., nella qualità di amministratore di sostegno di C.C., in virtù del provvedimento autorizzativo del giudice tutelare di Venezia del 11.3.2020, rappresentato e difeso dall'Avvocato Sandro Grandese, con domicilio eletto presso lo studio dell'Avvocato Giuseppe Gigli, sito in Roma, via Pisanelli, n. 4;
- controricorrente -
avverso il decreto n. 7867/2019 della corte d'appello di Venezia, depositato il 24/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/12/2022 dalla Consigliera Dott. Annamaria Casadonte.
Svolgimento del processo
Che:
1. Con ricorso L. n. 898 del 1970, ex art. 9, depositato in data 5 luglio 2017, A.A. ha chiesto la revoca, per quel che qui ancora rileva, dell'assegno divorzile pari ad Euro 800,00 mensili in favore della C.C., posto a suo carico in sede di dichiarazione della cessazione degli effetti del loro matrimonio risalente al (Omissis).
2. A sostegno della domanda, il A.A., commercialista, ha esposto che nel (Omissis) l'ex moglie, dipendente dell'azienda ULSS (Omissis) con reddito lavorativo pari a Euro 28.653,00 (annui), aveva ereditato l'altra parte del palazzetto nel quale la stessa risiedeva, a (Omissis), completando a sè l'intera proprietà dell'edificio. Contestualmente, il ricorrente ha rappresentato di essere ormai prossimo al pensionamento, lamentando altresì la asserita diminuzione dei propri redditi professionali, documentata mediante produzione delle dichiarazioni nel periodo intercorso tra la domanda e il divorzio.
3. Istruita la causa ed espletata ctu, con decreto del 21 febbraio 2018, l'adito tribunale di Venezia ha rigettato la domanda di revoca dell'assegno divorzile in favore della C.C..
3.1. Per quanto concerne la percipiente, il tribunale ha rilevato che, per le condizioni in cui versava l'edificio, il lascito ereditario configurava un incremento patrimoniale non idoneo a determinare una maggiore capacità reddituale. Invero, il valore locativo delle porzioni dell'immobile non occupate dalla C.C. stimato dal ctu in Euro 26.208,00 annui, avrebbe potuto essere realizzato solo mediante un previo investimento di ristrutturazione stimato in Euro 96.800,00, oltre accessori.
3.2. Inoltre, il tribunale ha rilevato che la C.C. è affetta da una grave malattia degenerativa, in ragione della quale, nell'(Omissis), l'USSL (Omissis) l'ha posta in quiescenza per invalidità assoluta e permanente. Sicchè, l'INPS le ha riconosciuto un'indennità premio servizio pari ad Euro 59.325,21 ed una pensione mensile di Euro 1.553,56, significativamente inferiore alla retribuzione percepita in precedenza pari ad Euro 2.239,00 mensili. L'indennità di accompagnamento pari ad Euro 517,84 mensili non poteva essere conteggiata, ha proseguito il giudice di prime cure, in quanto avente natura assistenziale e non retributiva.
3.3. Quanto al soggetto obbligato, il tribunale ha escluso che la capacità lavorativa del A.A. fosse diminuita, accertando piuttosto una stabilità dell'andamento della sua attività professionale, alla luce del confronto tra i compensi percepiti nell'anno del divorzio, per una somma pari a Euro 251.106,00 e quelli percepiti nel 2017, per una somma pari ad Euro 275.192,00. 4. Avverso la suddetta decisione A.A. ha proposto reclamo innanzi alla corte d'appello di Venezia, la quale ha rigettato l'impugnazione spiegata.
4.1. La corte distrettuale ha rilevato che la doglianza non era stata formulata in termini di intervenuto aumento dei costi connesso all'abbattimento dei redditi bensì come allegata, ma ad avviso del giudice d'appello non provata, diminuzione della capacità lavorativa.
4.2. La corte di merito ha altresì confermato la valutazione effettuata dal giudice di prime cure, sulla scorta dei rilievi del ctu, circa l'inidoneità del cespite ereditario a determinare una maggiore capacità reddituale della percipiente, in considerazione degli ingenti costi che la stessa dovrebbe sopportare per poterne sfruttare le (pur accertate) potenzialità locative.
4.3. Da ultimo, la corte territoriale ha disatteso la censura volta a porre in discussione la gravità delle patologie che affliggono la C.C., non avendo il A.A. fornito evidenze documentali idonee a superare l'accertamento effettuato dal giudice di prime cure.
5. A.A. ha proposto ricorso per la cassazione del predetto decreto reso pubblico il 5/11/2019, con atto notificato in data 21 febbraio 2020 ed affidato a due motivi.
6. C.C. ha resistito con controricorso.
7. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
Che:
8. Con il primo motivo (erronea o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, della L. n. 898 del 1970, art. 9, e successive modificazioni in ordine ai giusti motivi legittimanti la richiesta di modificazioni/revoca dell'assegno divorzile in relazione alle mutate condizioni economiche delle parti) si sostiene che entrambi i profili sottoposti alla valutazione giudiziale, ossia gli incrementi patrimoniali della percipiente e la diminuzione dei redditi dell'obbligato, concretizzerebbero i giusti motivi sopravvenuti legittimanti la revisione delle disposizioni sul contributo al mantenimento convenute in sede di divorzio della L. n. 878 del 1970, ex art. 9, comma 1.
8.1. Secondo la prospettazione del ricorrente, l'esclusione della rilevanza dei notevoli incrementi patrimoniali (per la successione alla madre e per il riconoscimento, a seguito del pensionamento nel 2018 e cioè nel corso del giudizio di primo grado dell'indennità premio di Euro 59.325,21) in ragione delle condizioni psicofisiche della beneficiaria dell'assegno operata dai giudici di merito non soddisferebbe il requisito dell'"oggettiva impossibilità" dell'ex coniuge di conseguire, nonostante i medesimi incrementi patrimoniali ricevuti, quei "mezzi adeguati" che la L. n. 878 del 1970, art. 5, pone quale scriminante dell'insorgenza dell'onere di contribuzione. A giudizio del ricorrente, detta valutazione giudiziale dovrebbe prescindere dalle sopravvenienze di carattere soggettivo attinenti alla sfera del beneficiario, non rientranti nell'ambito economico o comunque inidonee ad assorbire gli effetti di rilevanti incrementi potenzialmente fruttuosi.
9. Il secondo motivo (violazione dell'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo e controverso oggetto di discussione tra le parti sulla variazione in peius del reddito del ricorrente) deduce l'erroneità della decisione impugnata in relazione alla valutazione dei dati reddituali offerti dal ricorrente.
9. 1. Ad avviso del ricorrente, detta valutazione avrebbe carattere illogico ed apparente, in quanto pur avendo la corte di merito rilevato la effettiva diminuzione dei redditi del A.A., l'avrebbe erroneamente ritenuta preclusa per un difetto dell'allegazione introduttiva.
10. Il primo motivo è fondato.
10.1. La L. n. 898 del 1979, art. 9, subordina la revisione delle disposizioni concernenti la misura dei contributi da corrispondersi ai sensi degli artt. 5 e 6 della stessa legge, a seguito dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio, alla sopravvenienza di giustificati motivi.
10.2. Quanto al significato da attribuire ai "giustificati motivi" la giurisprudenza ha evidenziato la necessità di valorizzare nell'accertamento di essi criteri di carattere oggettivo, avendo cioè riguardo alla verifica di una sopravvenuta, effettiva e significativa modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi, secondo una valutazione comparativa delle condizioni economiche di entrambe le parti.
10.3. Nella particolare ipotesi in cui il motivo di revisione si palesi di consistenza tale da condurre alla revoca o riduzione dell'assegno divorzile, è indispensabile procedere, poi, al rigoroso accertamento della effettività dei predetti mutamenti e verificare l'esistenza di un nesso di causalità tra essi e la nuova situazione patrimoniale conseguentemente instauratasi. (cfr. Cass. 10133/2007; id. 11/2011; id. 1119/2020).
10.4. Ciò posto, nel caso di specie la corte di merito, ha condotto la valutazione della nuova situazione patrimoniale della C.C. allegata dal A.A., e determinata dalla successione materna e dal riconoscimento dell'indennità premio, alla luce della condizione soggettiva della stessa, finendo per neutralizzare il valore oggettivo dell'accrescimento subito dal patrimonio immobiliare della stessa. La mancanza di valore economico e reddituale (anche potenziale) del cespite doveva essere rigorosamente accertato, anche in relazione alle possibilità di alienazione parziale o totale dello stesso.
10.5. La corte di merito ha giustificato la conclusione sulla scorta delle condizioni di salute della C.C., affetta da "quadro di afasia primaria progressiva variante semantica di media gravità in degenerazione fronto parietale, incontinenza urinaria" ed ha affermato che non appare ragionevole pretendere che una persona in questa condizione patologica si impegni nei costosi lavori edili necessari, secondo la ctu, per mettere a reddito il suo patrimonio immobiliare.
10.6. La corte di merito ha aggiunto, senza alcuna spiegazione, l'affermazione che non risulterebbe la possibilità di alienare direttamente parti dell'immobile.
10.7. Si tratta di considerazioni che trascurano, tuttavia, il carattere pure evidente dell'incremento patrimoniale accertato nel caso di specie, per essere la C.C. divenuta proprietaria di un immobile composto di cinque unità abitative e dal valore commerciale di Euro 1.252.000,00 stimato dal ctu.
10.8. Ebbene, nella valutazione comparativa delle situazioni degli ex coniugi tale oggettivo incremento non può essere azzerato in ragione delle condizioni psico-fisiche della beneficiaria dell'assegno e della ritenuta non ragionevolezza di un impegno per mettere a reddito il proprio evidente patrimonio immobiliare.
10.9. Così opinando ne verrebbe, altrimenti, inciso il presupposto giustificativo dell'assegno divorzile e cioè la mancanza di mezzi adeguati ovvero l'impossibilità per ragioni di carattere oggettivo di procurarseli, non potendo a quest'ultimo fine ritenersi assorbente di ogni altra considerazione e, quindi, decisiva la precaria condizione di salute della beneficiaria, a prescindere da qualunque sopravvenuta modifica delle condizioni economiche della stessa.
11. Il ricorso va quindi accolto in relazione al primo motivo.
12. Il secondo motivo è assorbito dall'accoglimento del primo motivo.
13. In conclusione il decreto impugnato va cassato con rinvio alla Corte d'appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa e rinvia alla Corte d'appello di Venezia anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 5 dicembre 2022.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2023