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Sentenza

Castellammare del Golfo. Proprietario sottrae parte dei componenti meccanici dell'autovettura sottoposta a sequestro amministrativo (motore, cambio, culla motore, radiatore, sospensione dx. e sx. ruote anteriori).
Castellammare del Golfo. Proprietario sottrae parte dei componenti meccanici dell'autovettura sottoposta a sequestro amministrativo (motore, cambio, culla motore, radiatore, sospensione dx. e sx. ruote anteriori).
SENTENZA sul ricorso proposto da M.G., nato a C.d. G. il ...... avverso la sentenza del 19/09/2018 della Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Riccardo Amoroso; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore generale, Luigi Orsi, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. 
RITENUTO IN FATTO  1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d'appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza emessa in data 14/12/2016 dal Tribunale di Trapani, ha assolto il ricorrente dal reato di cui al capo a) previsto dall'art. 349, secondo comma, cod. pen., e condannato il medesimo ricorrente alla pena di mesi
quattro di reclusione e di euro 100,00 di multa per il reato ascrittogli al capo b) di cui all'art. 334, secondo comma, cod. pen., per avere in qualità di proprietario del bene cagionato la sottrazione di parte dei componenti meccanici dell'autovettura sottoposta a sequestro amministrativo in data 22/10/2010 ed affidata alla sua custodia in data 31/10/2010, vendendo le predetti parti dell'autovettura, rendendola non funzionante (motore, cambio, culla motore, radiatore, sospensione dx. e sx. ruote anteriori). Fatto accertato in Castellammare del Golfo in data 9/11/2012. 2. Tramite il proprio difensore di fiducia, M.G. ha proposto ricorso, articolando i motivi di seguito indicati. 2.1. Con il primo motivo si deduce cumulativamente la violazione di legge ed il vizio della motivazione in ordine alla integrazione del reato di cui all'art. 334 cod. pen., che non sarebbe configurabile nel caso di sequestro amministrativo finalizzato ad impedire la circolazione stradale del veicolo sprovvisto di copertura assicurativa, posto che la sottrazione delle componenti meccaniche dell'auto non colliderebbero con la finalità del sequestro. 2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione di legge per l'omessa dichiarazione della prescrizione del reato già maturata alla data della sentenza di appello (19/09/2018), essendo incerta la data di consumazione del reato, e dovendosi nel dubbio, seguire la soluzione più favorevole all'imputato ritenere consumato in prossimità della data dell'affidamento del bene in custodia (31/10/2010), e non in coincidenza con la data del 9/11/2012 in cui il bene veniva prelevato dalla custodia del proprietario per dare esecuzione alla confisca disposta dal Prefetto. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo è inammissibile perché manifestamente infondato. L'avvenuta asportazione attraverso smontaggio di componenti essenziali della vettura sottoposta a sequestro e la successiva consegna a terzi di queste componenti configura una violazione del regime di indisponibilità derivante dal sequestro e quindi la violazione della norma in esame. Non v'è infatti alcun problema di specialità con l'illecito di cui all'art.213 C.d.S. che riguarda solo la circolazione abusiva (Sez. 6, 16 febbraio 2016, Manna, n.9883). In altri termini, può escludersi il reato nel caso di sottrazione realizzata attraverso la circolazione dell'autovettura, perché in applicazione del principio di specialità troverà applicazione la sola norma amministrativa in quanto la relativa fattispecie presenta un elemento più specifico, sanzionando la circolazione da parte del custode proprietario del veicolo, rispetto all'elemento più generico del deterioramento conseguente all'usura per l'utilizzo dell'autovettura. Ma se il deterioramento del bene avviene attraverso la sottrazione di parti del veicolo, non si può porre alcun problema di concorso apparente di norme. Infatti, la finalità del sequestro amministrativo non è solo quella di impedire la circolazione del veicolo, ma di assicurare anche la conservazione della sua integrità e valore in vista di una eventuale confisca. 2. Infondato è il secondo motivo di ricorso. Si deve osservare che il principio invocato dal ricorrente del favor rei, per la individuazione del termine iniziale di decorrenza della prescrizione del reato trova applicazione nei soli casi in cui sussistano dubbi insuperabili sulla data esatta della commissione del reato, ma non anche allorché il momento di perfezionamento del reato possa essere desunto anche da indizi gravi, precisi e concordanti e da nozioni di comune esperienza. Si ritiene di dover qui ribadire il principio di diritto già affermato dalla Corte di cassazione con riguardo tanto al reato di violazione dei sigilli di cui all'art. 349 cod. pen. (Sez. 3, n. 13147 del 02/02/2005, Rv. 231218), che a quello di sottrazione di beni in sequestro di cui all'art. 334 cod. pen. (Sez. 6, del 30/11/2016 n. 45427 Rv. 52566), che il momento consumativo del delitto coincide approssimativamente con quello dell'accertamento, salva l'esistenza di ipotesi anomale e particolari da provare rigorosamente, le quali intaccando detta presunzione rendano almeno dubbia l'epoca di commissione dei fatti. Con particolare riferimento al reato di cui all'art.334 cod. pen. si  è ritenuto che il reato deve ritenersi consumato più precisamente in coincidenza della notificazione della confisca perché solo allora si manifesta l'interesse del custode a sottrarre il veicolo al vincolo del sequestro. È onere del ricorrente fornire elementi di prova che consentano di ritenere che il reato si sia consumato in epoca antecedente rispetto a quella desumibile dalla data di notificazione del provvedimento di confisca che rendendo attuale l'interesse del proprietario a sottrarre il bene fa ragionevolmente presumere che solo dopo tale comunicazione lo stesso si sia adoperato per evitare di perdere il possesso del bene. Pertanto, sebbene la custodia abbia avuto inizio in data 31/10/2010, il reato si deve ritenere consumato in epoca ravvicinata alla data del 24/05/2012 in cui risulta essere stato notificato personalmente al ricorrente il provvedimento di confisca emesso dal Prefetto di Trapani, potendosi presumere che la sottrazione delle parti della vettura sia avvenuta nell'intervallo temporale intercorso tra la data del 24/05/2012 di notifica del provvedimento di confisca e la data del 9/11/2012, in cui il bene veniva prelevato dalla custodia del proprietario per dare esecuzione alla confisca disposta dal Prefetto, e quindi agli effetti della decorrenza del termine di prescrizione per favor rei alla data più remota del 24/05/2012. Pertanto, non essendo il termine di prescrizione ancora decorso al momento in cui è stata pronunciata la sentenza di appello, l'inammissibilità degli altri motivi di ricorso preclude che la prescrizione maturata successivamente possa essere rilevata in sede di legittimità. L'inammissibilità dell'impugnazione non consente, infatti, al giudice di legittimità, al di là dell'accertamento di tale profilo processuale, di occuparsi del merito e di rilevare, a norma dell'art. 129 cod. proc. pen., cause di non punibilità, quale l'estinzione del reato per prescrizione, sia se maturata successivamente alla sentenza impugnata sia se verificatasi in precedenza, nel corso cioè del giudizio definito con tale sentenza, sempre che, ove erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando un motivo consentito ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. non sia stato proposto ricorso per tale specifico motivo. Nel caso di specie, essendo risultato infondato il motivo di ricorso proposto per dedurre l'estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata, ed inammissibile l'altro motivo del ricorso, il successivo decorso della prescrizione non può essere rilevato di ufficio essendo il potere cognitivo circoscritto alla rilevazione di tale inammissibilità, che preclude l'esame del fatto in relazione al quale dovrebbe operare la causa di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, n.28 del 17/12/2015, Ricci). 3. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
Così deciso in Roma il giorno 7 marzo 2019 Il consigliere estensore \ Il Presidente
Avv. Antonino Sugamele

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